Società a Responsabilità limitata: la tassazione proporzionale al 27,9% complessiva (24% di IRES oltre al 3,9% di IRAP) e facilità di adattamento dello statuto alle esigenze dell’imprenditore la rendono il veicolo societario migliore per chi, davvero, vuole mettersi in gioco in Italia.
Oggi un imprenditore che possiede una SRL, quando prova a prelevare utili si trova di fronte ad un inasprimento della pressione (fiscale e previdenziale).
Il caso di partenza: la situazione di una “ordinaria” PMI italiana
Ipotizziamo una classica PMI italiana, costituita sotto forma di SRL partecipata al 50% da due soci (due fratelli) che sono anche amministratori della stessa società. A fine anno, se si considera la tassazione societaria e la tassazione personale dei soci, si può arrivare ad una pressione fiscale (e previdenziale) del 70%. Questo tipo di oneri se non adeguatamente regolati nel modo migliore (restando in regola con le normative fiscali e previdenziali) rischiano di mandare a monte qualsiasi iniziativa imprenditoriale.
La via d’uscita non è sempre quella di espatriare all’estero. Certo fare impresa all’estero in alcuni casi può essere più semplice, ma non sempre è possibile.
L’importanza del fattore tempo nella pianificazione fiscale
Per ottenere risultati importanti occorre tempo e per poterli ottenere è necessario essere in grado di “plasmare” la propria società nel modo migliore. L’obiettivo deve essere quello di costruire la tua struttura societaria nel modo migliore ed anche nel modo più conveniente, nell’ambito delle scelte legislative a disposizione.
Per questo un’impresa già strutturata sarà più difficile da modificare rispetto ad una società appena costituita.
Ad esempio, in fase di pianificazione di un nuovo business si potrebbe pensare di sfruttare da subito la proprietà intellettuale per ottenere importanti vantaggi. In aziende già operative da anni utilizzare i beni immateriali e la proprietà intellettuale è molto più complicato, a meno che non si tratti di avviare nuovi progetti.
Ripartendo dall’esempio iniziale della nostra SRL, con due fratelli soci al 50% ed amministratori opera nel settore del commercio. I due amministratori alla fine dell’anno si trovano con un bilancio che presenta i seguenti dati:
Con questa struttura la tassazione complessiva tra SRL e soci è la seguente:
Tassazione sulla SRL:
Tassazione sui soci:
Con questa struttura societaria la società paga 27.900 euro di imposte, mentre, ciascuno dei soci deve pagare 21.373 (12.000 + 9.373) euro tra imposte e contributi. Per i soci la situazione non è agevole, ciascuno di loro ha incassato un dividendo di 36.050 euro e si trova a pagare 21.373 di oneri.
Importante:
L’esempio numerico riportato è puramente indicativo. I calcoli nel dettaglio variano rispetto a quelli illustrati, ma l’esempio serve per far rendere conto in modo semplice ed immediato della situazione.
Contributi INPS a carico dei soci
I contributi sul minimale per la gestione artigiani e commercianti dell’INPS sono di circa 15.878,00 euro e prevedono un contributi annuo minimo da versare di circa 3.900 euro. Tuttavia, per semplificare i calcoli è stato considerato il 24% in percentuale sugli utili di questo esempio.
Pagare meno tasse con la SRL: lasciare gli utili nella società
Nella SRL se non si gestisce nessun tipo di attività di pianificazione fiscale, si può arrivare anche a pagare il 70% di oneri (imposte e contributi) sul reddito che si produce.
Se non si avessero altri modi per prendere dei compensi come amministratore o socio con busta paga, bisognerebbe prelevare gli utili dalla SRL (come abbiamo visto nell’esempio). Tuttavia, se si decidesse di lasciare gli utili netti dentro alla SRL, senza distribuirli ai soci, non si pagherebbe l’imposta sostitutiva del 26% della ritenuta dei dividendi distribuiti. Quindi, in un certo senso, se si capitalizza la SRL attraverso l’autofinanziamento non si pagano altre imposte sulla distribuzione degli utili, a parte l’IRES, l’IRAP e l’INPS.
Questa soluzione è quella che adottano le PMI di dimensioni più grandi, ovvero applicare l’autofinanziamento per sfruttare benefici fiscali, come l’ACE, che possono ridurre la base imponibile IRES sulla base degli utili e delle capitalizzazioni avvenute ogni anno nella società. Tuttavia, se si è una PMI a conduzione familiare, con molta probabilità, la SRL rappresenta la principale fonte di reddito, sicuramente bisogna prelevare gli utili per mantenere le spese e quelle della famiglia.
Vediamo, quindi, le soluzioni a disposizione per pagare meno tasse con la SRL prelevando utili.
Pagare meno tasse con la SRL: la trasparenza fiscale
Una prima soluzione, molto semplice che può aiutare in una situazione come quella che stiamo analizzando è l’applicazione della trasparenza fiscale. La trasparenza fiscale è un regime fiscale che trasforma la tassazione proporzionale della SRL in una tassazione progressiva per scaglioni. Sostanzialmente, rispettando i requisiti di cui agli art. 115 o 116 del TUIR è possibile far applicare la tassazione del reddito imponibile della SRL direttamente sui soci. A prima vista potrebbe sembrare una soluzione non ottimale considerate le aliquote IRPEF che partono dal 23 e raggiungono progressivamente il 43%. Tuttavia, questa soluzione, per redditi imponibili non elevati (es. 100.000 euro) porta una serie di benefici, in particolare, la possibilità di sfruttare al meglio la contribuzione INPS a carico dei soci. Infatti, il carico contributivo personale, se gestito bene, può essere un bonus fiscale in quanto è una spesa deducibile dal reddito.
Per redditi fino a 100.000 euro si può pensare di adottare la trasparenza fiscale nel modo seguente:
Tassazione sulla SRL su reddito imponibile di 100.000 euro:
Tassazione sui soci:
La tassazione complessiva nel primo esempio è stata di 89.392 (27.900 + 30.746 + 30.746), con i soci che restavano con poco più di seimila euro di reddito netto a testa. Con la trasparenza fiscale gli oneri complessivi ammontano a 48.282 (12.000 + 12.000 + 10.191 + 10.191 + 3.900).
Come si può vedere la trasparenza fiscale è vantaggiosa perché permette di utilizzare i contributi INPS non come “onere” ma come “bonus” per la riduzione delle imposte dovute. Da notare che, se il beneficio della deduzione dell’INPS non lo si riesce ad utilizzare nella prossima dichiarazione dei redditi, allora si avrà pagato l’INPS come se fosse un tributo, al pari delle imposte sul reddito.
Lo schema holding trading
Lo schema holding-trading, ovvero la costituzione di un gruppo societario dove una società detiene le quote di partecipazione nell’altra società (operativa). Questo schema, come molti pensano, viene utilizzato per ridurre la tassazione all’1,2% sulla società holding, grazie all’applicazione di una particolare disciplina, nota come PEX (“Partecipation Exemption“) ex art. 87 del TUIR. Riprendendo il nostro esempio, ipotizziamo che i due soci costituiscano una nuova società (da valutare la struttura giuridica migliore per questo) in cui conferire le proprie partecipazioni societarie.
Ci sono diverse disposizioni fiscali favorevoli per effettuare questa operazione minimizzando gli oneri dovuti (nel caso ne parleremo in consulenza). Fatto questo avremo una struttura di questo tipo:
Ipotizzando sempre un reddito imponibile di Beta di 100.000 euro, la sua tassazione sarà sempre di 27.900 euro (24% di IRES e 3,9% di IRAP). Il reddito netto, a questo punto, può essere trasferito ad Alfa, che lo tasserà a sua volta nel 5% del suo ammontare, con una tassazione del 1,2% (circa).
Un bel vantaggio sicuramente, ma non è questo l’obiettivo di una PMI familiare italiana, che comunque si trova sempre con il problema di prelevare utili, anche sulla holding. Tuttavia, consiglio di attuare questo schema nei seguenti casi:
Accanto a questa possibilità puoi valutare anche altre opzioni, o attuarle congiuntamente.
La gestione dei contributi INPS
Come abbiamo visto i contributi previdenziali che l’INPS pone a carico dei soci lavoratori delle SRL è importante. Si parla di almeno il 24% di aliquota sui redditi imponibili della società. L’aspetto importante da osservare è che, in alcuni casi, si può arrivare ad avere un’effetto distorsivo di applicazione di questi contributi. Pensa al caso di una SRL che ha un reddito di 100.000 (come nel nostro esempio) e che non distribuisce utili. I due soci, in qualità di soci lavoratori nel settore del commercio, sono chiamati a versare contributi sulla quota di reddito a loro imputabile, quindi 50.000 euro ciascuno. Questo anche nel caso in cui il socio non abbia prelevato un euro dalla società.
Si, hai capito bene. La contribuzione INPS è indipendente dalla quota di utili che prelevi dalla SRL. Si paga sulla quota imputabile al socio lavoratore, indipendentemente dalla quota di utili percepita. Questo meccanismo, se non adeguatamente gestito, ad esempio con la trasparenza fiscale, rischia di portare oneri importanti a carico dei soci.
Casi di esonero dalla contribuzione INPS per i soci di SRL
In molti casi, quando è possibile, si cerca di evitare la contribuzione previdenziale per tutti i soci. In particolare, la contribuzione INPS non è dovuta se si verifica una delle seguenti casistiche:
La possibilità di diventare soci lavoratori
All’interno di questa ipotesi legata alla possibilità di ottimizzare la contribuzione INPS dei soci della SRL, una soluzione attuabile è quella di operare come soci lavoratori. All’interno di una SRL è possibile che i soci siano anche lavoratori della società, ovvero lavorino con un contratto di lavoro dipendente. Questa possibilità permette al socio una serie di vantaggi:
Tuttavia, per poter ottenere questi vantaggi è necessario nominare amministratore della società un soggetto terzo (non appartenente alla compagine societaria). Questo soggetto non deve appartenere alla compagine societaria e deve svolgere concretamente le attività di amministrazione della società. Solo in questo modo si riesce ad ottenere il vantaggio di evitare la contribuzione INPS diventando soci amministratori. Questa opzione può essere sfruttata anche applicando lo schema del gruppo societario. Se ci pensi bene, anche nelle società multinazionali i dipendenti di una società del gruppo spesso vengono inviati a fare gli amministratori di altre società del gruppo (non essendo dipendenti di queste).
Socio di capitale
Un’altra fattispecie che riguarda la possibilità di non iscrizione del socio alla gestione previdenziale INPS riguarda i soci di capitale. Si tratta dei soci che non intervengono direttamente nella gestione operativa e quotidiana della società. E’ il caso, dei soci di capitale, che hanno investito il loro capitale, ma non il loro “tempo” nella società.
Caso classico è quello di soci che lavorano presso altre società con contratti di lavoro dipendente (a busta paga). In questi casi, se il contratto è a tempo pieno l’INPS riconosce l’esenzione dalla contribuzione. Nel caso in cui, invece, il contratto arrivi fino a un part-time da 26 ore a settimana, con la maggior parte del reddito che proviene dal lavoro da dipendente, non sempre l’INPS riconosce l’esenzione contributiva.
Cosa accade se l'INPS mi contesta?
Quando una di queste opzioni riguardanti i contributi INPS artigiani e commercianti non viene applicata correttamente può capire che l’INPS decida, autonomamente, di iscrivere d’ufficio la persona alla gestione previdenziale AGO dedicata. In questi casi, operativamente, chiedere la cancellazione è molto complicato. Dialogare con l’INPS dopo un’iscrizione d’ufficio non è mai semplice. In caso di iscrizione, saresti costretto a fare ricorso all’INPS e poi nel caso presso un giudice tributario. Tieni presente che, durante tutto questo periodo, che può durare anche per anni, sei tenuto al regolare pagamento dei contributi INPS.
La gestione del compenso all'amministratore
La delibera assembleare che determina i compensi amministratore è sicuramente la soluzione più adottata da parte delle SRL italiane per prelevare utili dalla società. I soci, infatti, hanno la possibilità di stabilire il compenso annuo dell’Amministratore o degli amministratori. L’organo amministrativo, poi, percepisce il compenso periodicamente attraverso le buste paga. Il vantaggio è che si tratta di una soluzione molto semplice e facile da gestire. Nella busta paga dell’amministratore vengono trattenute alla fonte:
La gestione contributiva è quella che crea maggiori problemi perché si versa ad un fondo che ad oggi non assicura un trattamento pensionistico. Tuttavia, se non vuoi ovviare alla gestione del compenso amministratore la soluzione migliore è quella di cercare di fare leva sui c.d. “rimborsi spese analitici“. Il rimborso analitico riguarda costi sostenuti dall’amministratore per conto della società. Magari per trasferte per andare da clienti e fornitori, o per la propria attività di rappresentanza della società. Questi costi se anticipati dall’amministratore devono essere a lui restituiti.
La gestione dei rimborsi spesa
Il rimborso spese analitico è un tipo di rimborso spese comprovato da documentazione giustificativa della spesa a piè di lista. Per l’amministratore i rimborsi spese analitici di spese documentate per:
Il rimborso di questi oneri non si considera imponibile ai fini fiscali e previdenziali. Anche per la società il rimborso spese all’amministratore è vantaggioso.
I rimborsi corrisposti all’amministratore relativi ad altre spese anche non documentate, sono esclusi dal reddito imponibile nel limite di:
Si tratta, ad esempio, delle spese di parcheggio o di lavanderia.
Per la società i rimborsi spese analitici relativi a spese di vitto e alloggio sono deducibili fino al limite di:
Questo ai sensi dell’articolo 95 comma 3 del DPR n. 917/86.
Le indennità chilometriche, sono deducibili per la società nei limiti di costi auto di potenza fino a 17 cavalli o 20 cavalli se auto diesel. Questo secondo quanto previsto dall’articolo 95 comma 3 del DPR n. 917/86. Sono, invece, deducibili senza limiti le altre spese di viaggio come ad esempio il car-sharing e altre spese documentate.
Utilizzare il rimborso spese analitico consente sicuramente di risparmiare sul parte del compenso amministratore corrisposto. Tale compenso rimane esentato da tassazione nei limiti sopra indicati. In questo modo l’amministratore viene rimborsato dei costi che sostiene e su tali costi sarà parzialmente esentato da tassazione e contribuzione. Soluzione sicuramente non ottimale che può aiutare chi non vuole staccarsi dai compensi amministratore per prelevare i guadagni dalla propria SRL.
La distribuzione dei dividendi
Una modalità alternativa ma poco utilizzata nelle SRL per remunerare la proprietà è quella legata alla distribuzione degli utili. Si tratta della distribuzione dei dividendi ai soci. I dividendi non sono altro che utili che derivano dall’approvazione del bilancio d’esercizio annuale. Quindi, requisito indispensabile per avere un dividendo è che la SRL chiuda il bilancio con un utile d’esercizio. Al posto di deliberare compensi amministratore l’assemblea dei soci di una SRL può decidere di distribuire gli utili generati dal bilancio. Il vantaggio di questa soluzione è quello di evitare il pagamento dei contributi INPS alla Gestione Separata. Da un punto di vista fiscale gli utili della SRL percepiti dai soci sono considerati redditi di capitale. Sui redditi di capitale, non è prevista alcuna contribuzione previdenziale. Non si tratta, infatti, di redditi da lavoro come nel caso dei compensi amministratore. Il secondo vantaggio legato a questa metodologia di prelevamento di utili è che, indipendentemente dalla tua quota di partecipazione avrai una ritenuta fiscale del 26%. A partire dal 2018, infatti, sia per le partecipazioni qualificate e non nel capitale sociale della SRL è prevista una tassazione alla fonte del 26%.
Il dividendo viene incassato dai soci, al momento in cui l’assemblea dei soci della SRL lo delibera. Di solito questo avviene nella delibera di approvazione del bilancio d’esercizio. In questa sede l’assemblea può deliberare l’assegnazione del dividendo ai soci.
La prima riflessione da fare è che il dividendo viene ad essere incassato solo nell’anno successivo alla sua maturazione. Questo vuol dire che se so è soci nell’anno di maturazione dei dividendi non si percepirà alcun incasso. Il dividendo viene erogato nell’anno successivo (solo se vi sono utili). Per questo motivo l’erogazione del dividendo deve essere gestita con il compenso amministratore. Oltre a questo bisogna tenere presente che il prelievo di utili con dividendo non è un costo per la tua SRL. L’importo dei compensi amministratore è un costo totalmente deducibile dal reddito. Tuttavia, lo svantaggio del compenso amministratore è che subisce tassazione IRPEF progressiva. Questo significa che si ha convenienza a tenere quanto più basso possibile il compenso amministratore. Di concerto si potrà utilizzare maggiore utile distribuibile a dividendo sul quale si potrà applicare una tassazione proporzionale. Il vantaggio della tassazione proporzionale è che maggiore è l’utile distribuibile maggiore è il risparmio fiscale che si può ottenere.
Il tutto senza considerare che non si avrà più bisogno dei costi legati alla gestione della busta paga dell’amministratore. Si tratta di un'opzione che è perfettamente legale. Si pensi che se il socio della SRL è un’altra SRL allora ci sarà una detassazione pari al 95% dell’utile distribuito.
Un ulteriore aspetto legato al prelevamento dei guadagni dalla SRL con i dividendi è legato ai rapporti bancari. Come detto percepire compensi amministratore comporta il sostenimento di un costo per la società. Costo che inevitabilmente abbatte il reddito della società. Se si detiene una società che lavora quotidianamente con le banche, per mutui, scoperti, finanziamenti o denaro caldo, si saprà anche l’importanza che ha il reddito.
Il fatto di non avere più in bilancio il costo dei compensi fa lievitare immediatamente gli utili della SRL. Questo permetterà di avere un peso più rilevante nella trattativa.
Gli svantaggi della distribuzione dei dividendi
Attenzione però! come tutte le variabili anche la distribuzione dei dividendi può avere dei risvolti negativi. Prima di tutto non è possibile distribuire dividendi se la SRL non ha chiuso il bilancio in utile. Questo aspetto è di fondamentale importanza.
Secondo aspetto da tenere in considerazione è che la distribuzione avviene di anno in anno. Quindi, questo vuol dire che ci sarà un'unica deliberazione all’anno. La distribuzione del dividendo ai soci può avvenire anche in più tranches nel corso dell’anno. Tuttavia, l’importo deliberato è stabilito di anno in anno. Si deve quindi essere in grado di far fronte all’instabilità dell’importo deliberato.
L'importanza del controllo di gestione
E' importante attuare in azienda un’attività di controllo di gestione periodica. Non è necessario adottare strumenti complessi o costosi, ma ogni mese bisogna avere sempre presenti tre aspetti nell'azienda:
Sicuramente si tratta di concetti che non sono nuovi e che si sta già monitorando costantemente. Se così non fosse però, bisogna rimediare e in fretta, per non perdere ulteriore tempo prezioso.
Cose da non fare
Cosa non fare per ridurre la tassazione sul business. La maggior parte degli aspetti da considerare sono i seguenti:
1. Aprire l'azienda all'estero
Questa opzione è sicuramente allettante perché permette di disfarsi di tutte la burocrazia italiana e la tassazione e contribuzione che abbiamo visto. Tuttavia, bisogna sapere che gestire un’azienda estera dall’Italia rappresenta una fattispecie di irregolarità prevista dalla normativa fiscale italiana. In particolare, le disposizioni di cui all’art. 73, comma 5-bis del TUIR trattano della fattispecie di esterovestizione societaria.
2. Intestare la società ad un prestanome
Molti imprenditori credono che ancora oggi intestare la società a prestanome possa essere una valida soluzione per evitare oneri societari. Classico caso è l’intestazione dell’azienda a genitori pensionati, oppure al contrario si nomina amministratore della società un soggetto terzo che si disinteressa totalmente della gestione della società. In tutti questi casi l’imprenditore rischia molto, sia a livello personale sia societario. Si tratta di una possibilità che negli ultimi anni è ormai nota all’Amministrazione finanziaria e non ha senso perseguirla se si vuole davvero mettere in piedi un business nel migliore dei modi.
3. Fatturare alla tua srl
La terza ed ultima attività che non si deve effettuare è quella di uscire dalla compagine societaria e fatturare alla tua SRL con una partita IVA personale. Questa soluzione può essere plausibile se si è, ad esempio, un professionista che ha un’attività professionale autonoma in essere ed in alcuni casi può trovarsi di fronte ad attività svolta anche nei confronti della propria SRL. Fuori da questi casi, quando è evidente che la partita IVA è stata aperta solo per fatturare alla propria SRL si possono correre dei rischi seri.
In tutti i casi, si consiglia comunque di valutare ogni aspetto con un commercialista esperto!
Fonte: Fiscomania